Come per la democrazia, la nostra giustizia è drammaticamente imperfetta, ma tutte le alternative sono peggiori. Al di sotto, vi è solamente il baratro“.

Sono le parole di Glauco Giostra, professore di Procedura Penale alla Sapienza Università di Roma, a dare il via al seminario dal titolo Una giustizia imperfetta, che ha avuto luogo a Villa Nazareth il 22 e 23 marzo 2024. Obiettivo del seminario è stato di analizzare la funzione del processo penale per comprendere un procedimento troppo spesso frainteso, per poi approfondire i numerosi aspetti della crisi che coinvolge il sistema giudiziario italiano.

Da sinistra l’avv. Riccardo Saccucci, la studentessa Giulia Fedelfranco, il prof. Glauco Giostra e la giornalista Giulia Merlo

Il seminario è iniziato con l’intervento del prof. Giostra e Riccardo Saccucci, avvocato penalista, che sono intervenuti nel primo incontro dal titolo “Il processo penale: limiti valoriali ed epistemologici nella ricerca della verità”. I relatori hanno evidenziato come tutte le comunità, nel corso della storia, hanno cercato il metodo migliore possibile per la risoluzione delle controversie, passando dall’accettazione di strumenti quali il duello e la tortura all’odierna concezione per cui la pena di morte è un segno di inciviltà, non senza contraddizioni all’interno delle stesse società occidentale.

Subito dopo, la giornalista Giulia Merlo ha parlato dei rapporti tra la giustizia penale e i mezzi di informazione, soffermandosi sul processo mediatico che da decenni corre parallelo a quello giudiziario, con un verdetto emesso dall’opinione pubblica che, a prescindere dalla verità processuale, decide sulla colpevolezza o meno delle persone imputate. La genesi è stato il celebre caso Montesi, passando per Mani Pulite, Stefano Cucchi e Sarah Scazzi. Merlo ha sottolineato come ciò che unisce tutti questi casi, pur nella loro diversità, è che i tempi del processo sono molto lunghi, mentre il pubblico vuole avere risposte immediate, innescando una catena di reazioni che non sempre porta però alla giustizia.

Gherardo Colombo con la nostra studentessa Saman Moadeli

La seconda giornata di lavori è iniziata con Gherardo Colombo, ex magistrato, che ha parlato della necessità del “perdono responsabile”, approfondendo le misure alternative al carcere, ritenuta in Italia la pena per antonomasia, sottolineando come una percentuale rilevante di detenuti sia tossicodipendente o affetta da disturbi mentali e che necessiterebbero di percorsi di accompagnamento specifici. Inoltre, per Colombo oggi le carceri non riescono a svolgere la funzione riabilitativa, costituendo un semplice allontanamento temporaneo dalla collettività, come se ciò permettesse un reale cambiamento delle problematiche che stanno alla base del problema.

Alessio Scandurra, dell’Associazione Antigone, e la nostra studentessa Miriam Mangiacotti

Questi temi sono stati approfonditi con Alessio Scandurra dell’Associazione Antigone, il quale ha mostrato i dati relativi alle condizioni dei detenuti nelle carceri, con un problema di sovraffollamento che sembra oramai sistemico. Lo Stato dovrebbe però essere in grado di farsi carico della persona nella sua totalità, accompagnandoli anche in un percorso successivo di reinserimento, invece, i detenuti sono spesso abbandonati sé stessi una volta fuori dagli istituti penitenziari e questo porta all’altissimo tasso di recidiva che si riscontra in Italia.

A chiudere il seminario, le testimonianze dell’Associazione Trasgressione, guidata da Angelo Aparo, secondo cui un’alternativa alla repressione non è solo auspicabile, ma possibile. Due ex detenuti, Antonio e Mimmo, (il primo di 60 anni, il secondo di 20), hanno raccontato la propria esperienza, parlando di come, lavorando sulla auto-percezione di chi commette reati e sul sostrato affettivo che porta alle violenze, è possibile provare il c.d. “piacere della responsabilità”, portando il lavoro svolto su sé stessi all’esterno. Purtroppo, però, negli istituti penitenziari italiani, spesso i detenuti non hanno l’opportunità di aprirsi, sentendosi così abbandonati dalla società.

L’incontro con l’Associazione Trasgressione