Per l’apertura della seconda conferenza del seminario autunnale 2017 Don Claudio Maria Celli decide di ispirarsi nuovamente alle parole di Papa Francesco, tratte dal suo discorso in occasione del ricevimento del premio Carlo Magno:

“Un’Europa tentata di volere assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione. Un’Europa che si va trincerando invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società. Dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali, gruppi e persone, nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali, che portino frutto in importanti avvenimenti storici. Un’Europa che lungi dal proteggere spazi, si pensi alla tentazione di vari paesi di costruire muri, si renda madre generatrice di processi.”

Il primo intervento della giornata del 18 novembre ha avuto come traccia portante il discorso “Iniziare, partecipare, servire: per avviare processi dinamici e condivisi” di Andrea Grillo, professore ordinario di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà Teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo.

Il tema centrale della riflessione ruotava attorno alla frase “Ciò che non muore e ciò che può morire” di Dante Alighieri, riferendosi a come la Chiesa, nel suo processo di rinnovamento, debba essere in grado di discernere tra la sostanza della dottrina antica e la formulazione del suo rivestimento.

Nella sua lungimirante analisi, Grillo individua tre verbi chiave, argomentando come essi debbano essere declinati per rispondere alle future necessità della Chiesa.

Il primo è iniziare, nel senso di “prendere la iniziativa”, avviare processi e non vivere solo quelli già in corso. La Chiesa deve uscire dal suo stereotipo educativo e farsi portatrice della necessità di educare ed essere a sua volta educata. Partecipare è inteso come chiave del mistero cristiano stesso, in cui la comunità intera ha la consapevolezza che l’assemblea celebrante è e deve essere parte del mistero celebrato. Servire è il terzo verbo che deve guidare l’esistenza del cristiano, non solo come imitazione di Cristo ma come principio di comunione ecclesiale, senza però cadere nel tranello della autoreferenzialità. A tal proposito Grillo conclude:

“ Lo stile del servizio non è soltanto dotato di ottime funzioni burocratiche, di diplomazie navigate, di equilibrismi sociali e politici, di opportunismi tattici o strategici; lo stile del servizio risuona di Parola e di sacramento, impara l’arte del disinteresse, della lungimiranza, la apertura di credito invincibile della vigilanza evangelica: sa di dover aspettare il bene che viene come un ladro. E per vigilare davvero sperimenta non serrature né serrande, ma aperture e attese. “

Moderato dal professor Vincenzo Rosito, il secondo intervento, dal titolo “La misura delle prossimità per servire nella cultura”, hai invece visto come relatore Don Pierangelo Sequeri, professore ordinario di Teologia Fondamentale e preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.

Per far meglio comprendere il concetto di prossimità, egli porta come esempio “l’enorme spreco di Gesù di Nazareth: trent’anni in un paesino da niente, e poi soli tre anni di presa di iniziativa”, facendo poi notare che la chiave di lettura tradizionale di queste tempistiche, ossia di fase preparatoria alla sua missione, offra a una prima lettura poco attenta una spiegazione poco convincente. Propone invece un cambio di prospettiva: l’incarnazione di Gesù è essenzialmente e prima di tutto prossimità; Dio si è fatto prossimo all’uomo nel modo più comprensibile a noi  “per sapere effettivamente chi sono, come vivono, come pensano, come amano e come soffrono uomini, donne e bambini della nostra specie.”

Sequeri riprende l’immagine della due bestie incontrate da Giovanni (Ap 13, 1-18), contestualizzandole nella nostra società attuale. La prima bestia, la bestia della potenza, porta guerra e distruzione, cerca di avere ragione dei popoli, ma è un nemico contro cui l’uomo può fare resistenza. Può essere ferito, sconfitto.

La seconda bestia, quella della persuasione, invece, è invece il vero pericolo per l’uomo moderno. Essa è l’ideologia, la propaganda, specialista in comunicazione e promozione, che incatena il mondo occidentale e si nutre del sapere mediatico. Non a caso, si può osservare come oggi le pubblicità nei media siano la parte qualitativamente migliore dei film e programmi che interrompono.

Il Sacro, osserva Sequeri, non si crea e non si distrugge, ma circola. Oggi nascosto in falsi valori,  quale la nuova economia consumista, ormai divenuta un sistema autoreferenziale rispetto al piano umano e non sostenibile nel lungo periodo.

Conclude facendo notare come l’unico mezzo insostituibile per reagire sia una formazione culturale a tutto tondo, avulsa dalle stringenti chiusure della settorialità della cultura moderna e letta “non solo come via di prossimità evangelica ma anche come via della prossimità umana. L’umanesimo passa attraverso la decostruzione del lavoro della seconda bestia. A questo tutti hanno il loro apporto da dare”.