Le giovani generazioni giochino un ruolo centrale nelle sfide di oggi quali il futuro dell’Unione europea o la lotta alle mafie: contribuiscano alla vita comune entrando nelle istituzioni ma anche attraverso le più diverse formazione sociali. Sono questi gli auspici espressi alla Comunità di Villa Nazareth dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lunedì 27 novembre ha visitato il Collegio Universitario e ha cenato insieme agli studenti, rispondendo alle loro domande.

A tale evento è dedicata la copertina del nuovo numero del nostro magazine, che le famiglie della Comunità di Villa Nazareth si vedranno recapitare a casa nei prossimi giorni, ma che è già consultabile online sul nostro sito internet.

Tra i temi sollevati in occasione della visita, la partecipazione dei giovani alla vita politica del paese, il futuro dell’Unione europea dopo la Brexit, il ruolo delle giovani generazioni nella lotta alla criminalità, ma anche lo spinoso tema del debito pubblico dei paesi in via di sviluppo. In queste pagine riportiamo alcune delle riflessioni che il Presidente della Repubblica ha lasciato alla nostra comunità.

ANNI DI PACE E NUOVE SFIDE

La prima delle domande che gli studenti hanno rivolto al Capo dello Stato parla di futuro, della paura di affrontarlo e della solitudine che spesso i giovani vivono nel mondo di oggi. Una domanda ricorrente e pressante che le giovani generazioni pongono alle successive: “Che paese ci state consegnando? Con quali valori e quale cultura?

“Consegniamo certamente diversi errori, occasioni mancate ma anche settanta anni di pace, di democrazia, di libertà, di cultura diffusa che non c’era mai stata nel nostro paese come in tutta Europa – ha risposto il Presidente Mattarella -. L’aspetto più importante, che è frutto di pace e libertà, è la cultura, la diffusione dell’istruzione, la maggiore consapevolezza culturale rispetto al passato. Oggi si è più liberi e consapevoli, ma anche più esposti al mare aperto. In passato c’erano schemi di vita sociale non dico più rigidi ma abituali, ripetitivi, forse anche protettivi: per fortuna sono saltati perché limitavano la mobilità sociale. Questo permette una navigazione più aperta dei giovani e la maggiore cultura, provvidenziale, conferisce maggiore consapevolezza anche delle difficoltà che prima non venivano del tutto percepite. Vi consegniamo, quindi, un paese con tanti errori ma anche tanti risultati, che, pur nelle difficoltà, vi presenta delle opportunità e delle sfide.

Vi è oggi una quantità di problemi: il fondamentalismo e il terrorismo fondamentalista, le sfide dell’ambiente e altro ancora. Alcuni giorni, ad esempio, fa ha incontrato al Quirinale alcuni presidenti di stati dell’Oceania, formati da tante isole situate nel Pacifico, a rischio di scomparsa a causa dello scioglimento dei ghiacci che potrebbe provocare l’aumento del livello del mare. Il problema nuovo, globale del grande fenomeno migratorio. Tra poco meno di trent’anni, secondo i demografi, l’Europa avrà settecento milioni di abitanti e l’Africa due miliardi e mezzo, raddoppiando i suoi attuali abitanti. Con queste condizioni in due continenti vicini dovremo avere una visione politica che consenta all’Unione Europea di governare questo fenomeno epocale aiutando a sviluppare il benessere nei Paesi da cui partono i flussi migratori e, insieme, predisponendo procedure legali, ordinate e sostenibili per l’accoglienza di migranti non più in grado di sopravvivere se non spostandosi. Questo fenomeno deve essere governato e non lo si può ignorare.

Si tratta di sfide importanti che avrete di fronte a voi. Ma quella principale che avete penso sia costituita dalla maggiore consapevolezza dei problemi rispetto alla mia generazione: questa è una sfida per voi, una sfida che vi pone in ogni momento di fronte a cambiamenti da affrontare. In Italia, dalla Seconda Guerra Mondiale sino all’inizio di questa crisi finanziaria, la mobilità sociale ha fatto crescere molto la nostra società, diffondendo benessere, mescolando le comunità sociali ma questo fenomeno si è fortemente rallentato da qualche tempo, anche perché siamo usciti dalla dimensione nazionale e in parte europea e siamo entrati in una dimensione globale. Questa è un’altra sfida per voi. Noi vi consegniamo un mondo con sfide nuove e diverse da affrontare e avete il vantaggio – ma anche il rischio – di una maggiore consapevolezza di questi problemi, condizione che può provocare insicurezza. Noi eravamo più difesi da abitudini consolidate. Voi siete meno difesi, perché non avete – ma è fortuna – quegli schemi abituali. Vi consegniamo, insomma, un mondo interessante da affrontare”.

LA LOTTA ALLA MAFIA INIZIA DAL QUOTIDIANO

Tra le tante domande, gli studenti di Villa Nazareth hanno chiesto al Presidente della Repubblica quale deve essere il ruolo dei giovani nel contrasto alle mafie, per poter incominciare a sperare e credere in una società giusta, non corrotta, per costruire un futuro diverso.

“Di fronte alla gravità delle conseguenze della presenza mafiosa – che si è espansa in altre regioni diverse da quelle in cui si è tradizionalmente formata – vi sono state delle conseguenze che non soltanto limitano la libertà personale effettiva, ma provocano gravi conseguenze anche sul piano dello sviluppo, dell’economia, degli investimenti – ha affermato il capo dello Stato parlando con gli studenti -. Affrontare l’influenza mafiosa è costato la vita a molte persone, che con forza, coraggio e consapevolezza hanno lottato. Sono persone di tante categorie diverse: magistrati, carabinieri, poliziotti, giornalisti, uomini politici, professionisti. Non avevano la vocazione all’eroismo, erano persone normali che amavano la vita e quello che facevano. Ma avevano molto forte il senso della dignità personale e del ruolo che svolgevano. Erano persone che avevano a cuore la dignità e la difendevano, pur sapendo quale pericolo avrebbero corso. Questo fa capire che non si tratta di un problema di pochi che hanno una vocazione particolare a contrastare la criminalità organizzata. È un costume generale che va applicato.

Cosa si può fare? Si deve distinguere tra i grandi fronti e i fronti minori, che non sono meno importanti. I grandi fronti sono le attività di prevenzione e repressione, quelli affidati a magistratura e forze dell’ordine; pubbliche amministrazioni efficienti e trasparenti; una condizione occupazionale adeguata per avere un tessuto sociale più solido. Un quarto fronte è quello della formazione delle coscienze, elemento che sta crescendo. Accanto a questi grandi fronti, ve ne sono altri piccoli e quotidiani, quelli del rispetto delle regole e del rifiuto della sopraffazione e della prepotenza. Il rispetto delle regole, anche nella vita quotidiana, non è secondario, perché contribuisce alla formazione dell’abito mentale collettivo di rispetto delle regole, di rifiuto della sopraffazione e della prepotenza. Questo è un criterio molto importante da insegnare ai ragazzi. Anche questo piccolo fronte crea educazione e produce ostacolo alla formazione della criminalità”.

IL DEBITO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Tra i temi sollevati durante il confronto tra Mattarella e gli studenti, anche quello del debito dei Paesi in via di sviluppo. Debiti contratti soprattutto con operatori commerciali privati e di complessa risoluzione. Un argomento complesso a cui il Capo dello Stato ha risposto portando ad esempio l’impegno del nostro Paese.

“Questo è uno dei problemi più dibattuti in politica internazionale – ha specificato il Presidente -. Quanto è giusto chiedere il pagamento di debiti a paesi che non sono in condizione di poter pagare senza dissanguarsi? L’Italia ha una politica molto aperta su questo tema. Di solito il debito viene riformato cancellandolo o convertendolo in programmi di sviluppo per lo stesso paese. Questa è una linea seguita anche da altri paesi. Naturalmente è possibile farlo, e l’Italia lo fa quasi sempre, per i debiti dello Stato. È più difficile per i debiti delle aziende private, perché lo Stato non può imporre loro di rinunciare ai propri crediti, anche perché le aziende hanno i loro azionisti, anche piccoli azionisti, hanno dipendenti che potrebbero perdere il posto di lavoro. Quello delle aziende commerciali è un problema diverso. Il nostro paese ha cercato di risolverlo con la persuasione, facendo comprendere, soprattutto alle grandi aziende, che è conveniente rinunziare al credito verso un paese in difficoltà, puntando su ulteriori investimenti nello sviluppo, poiché, sviluppandosi, un paese diventa un potenziale cliente molto più interessante di un paese che ha nulla da poter spendere. E questo sistema di convincimento alle volte ha successo. Vi è poi un altro strumento. Quello della garanzia dello Stato sui crediti dell’azienda.

Nel 2016 l’Italia ha cancellato debiti a tre paesi: interamente alla Guinea Bissau e alla Guinea Conakry e parzialmente a Cuba. In parte li ha convertiti in progetti di sviluppo. Questa è la prassi che si segue e questo è quello che si può fare. Per fortuna vi sono paesi, già in grandi difficoltà, che stanno crescendo con ritmo interessante. Paesi che hanno un tasso di crescita significativo e fanno comprendere che, se sorretti adeguatamente anche da aiuti di carattere internazionale, possono arrivare a livelli sostenibili in tempi non lunghi. Questo aumenta ancora di più l’interesse a cancellare o convertire i debiti. Questo è quello che facciamo e credo che sia l’unica via perseguibile”.

I GIOVANI EUROPEI SONO IL FUTURO DELL’UNIONE

Negli anni della cosiddetta Brexit, tra gli argomenti di discussione affrontati dagli studenti con il Presidente della Repubblica, non poteva non esserci quello del futuro dell’Unione europea. Un tema che in questi anni vede una sorta di contrapposizione tra vecchie e giovani generazioni nate in un continente senza confini che oggi sembra essere a rischio. Per il Presidente Mattarella, però, sono proprio i giovani la risorsa per il futuro dell’Unione.

“I giovani sono molto più favorevoli all’Unione europea di quanto lo siano le persone più avanti negli anni – ha aggiunto Mattarella -. Sono anche più proiettati nel futuro anche perché forse avvertono di più il senso della storia e la forza dei movimenti storici, quella di un orizzonte storicamente rilevante, come quello dell’integrazione europea. L’Europa ha sofferto violenze e guerre sanguinose per secoli, drammaticamente esplose nella prima metà del Novecento. Finché un ampio movimento, guidato da alcune persone con una visione politica lungimirante, ha deciso che per l’Europa l’unico modo per uscire da questa storia continua di violenze e devastazioni vicendevoli, fosse mettere in comune il futuro: questa è la ragione dell’Unione Europea. Se si dimentica questo, si corre il rischio di ritornare a quel tragico passato.

Nel mese di marzo abbiamo celebrato i sessant’anni dei Trattati di Roma. Sessant’anni di pace, per l’Europa, di crescita, di benessere ad un ritmo che mai era avvenuto in passato in Europa. Questo i giovani lo comprendono bene. Lo capiscono bene perché – ad esempio – la circolazione libera è una condizione che ha ormai inevitabilmente fatto sorgere una generazione di europei. La differenza tra la mia generazione e quella successiva, è questa generazione di europei. Questo, in sintesi, e quel che fa sì che i giovani siano per l’Europa”.

IL PAESE È DI TUTTI

L’ultima delle domande rivolte dagli studenti a Mattarella riguarda proprio il ruolo che i giovani potrebbero avere all’interno delle istituzioni. “In quanto componente essenziale della società e del suo futuro, crede che i giovani dovrebbero avere più spazio in Parlamento?”. Una domanda a cui il Presidente della Repubblica ha risposto proponendo un punto di vista diverso e oggi più che mai attuale.

Potrei lanciarmi in una considerazione politicamente corretta di fare più spazio ai giovani, ma vorrei fare una considerazione più articolata – ha continuato Mattarella rispondendo agli studenti -. Penso che la presenza dei giovani in Parlamento sia preziosa, ma non dobbiamo farne un feticcio, e non bisogna pensare che sia la soluzione ad ogni problema. In realtà deve esserci un concorso delle varie componenti, sociali, culturali, ideologiche; e anche anagrafiche”. Mattarella, infine, ha ricordato che la vita politica di un paese non si svolge soltanto tra le mura di Montecitorio. “Questa legislatura ha il numero più alto di parlamentari donne e parlamentari giovani, ma non si deve pensare che solo in Parlamento che si svolge il ruolo di politico: guai se pensassimo questo. La nostra Costituzione ci consegna un modello che vede, accanto alle strutture politiche rappresentative fondamentali, ovvero Parlamento, consigli regionali e comunali, una quantità di presenze protagoniste del paese soprattutto sul versante sociale come gli enti di rappresentanza sociale e le realtà intermedie promosse liberamente dai cittadini. C’è una quantità di forme entro la quali si contribuisce alla vita comune e alle decisioni comuni nella nostra società. Non è soltanto in Parlamento che si svolge tutto questo. Certo, va detto che, in questo periodo, la partecipazione è piuttosto bassa e si riflette su un astensionismo elettorale allarmante: va rivitalizzato appieno il modello coinvolgente della nostra Costituzione”.