di Valentina Santagata

“Partire per l’Erasmus nel bel mezzo di una pandemia globale, tra lockdown vari, confini chiusi e senza conoscere la lingua del posto potrebbe non sembrare una decisione molto intelligente: ne sarà valsa la pena?”. A chiederselo è Stefano Esposito, studente Erasmus presso l’Università di Scienze Applicate Bonn-Rhein-Sieg (H-BRS), che dopo un mese di permanenza a Bonn, città tedesca situata nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia e attraversata dal Reno, è pronto a fare un primo bilancio della sua esperienza in un contesto che ha posto, sin dall’inizio, non poche incertezze. Nei prossimi mesi Stefano approfondirà i suoi studi in ambito di Robotica e Intelligenza Artificiale, in un’università fondata nel 1995 e, pertanto, molto giovane e moderna, anche nei metodi di insegnamento, benché sia prevista per l’intero semestre l’erogazione di lezioni esclusivamente in modalità telematica. Prima che in Germania entrassero in vigore le restrizione previste dal “lockdown light”, Stefano racconta: “sono riuscito a visitare molte città nello stesso Land come Düsseldorf, Aquisgrana e Colonia in compagnia di un largo gruppo di amici Erasmus formatosi nei primi giorni e che stiamo cercando di tenere attivo, organizzando escursioni nei fine settimana o piccoli incontri settimanali nel rispetto delle norme in vigore. Quest’anno non ci saranno i mercatini di Natale, il carnevale tipico e moltissime altre esperienze che caratterizzerebbero un normale Erasmus a Bonn ma, nonostante il periodo decisamente sfavorevole, al momento mi ritengo soddisfatto della mia decisione di partire e fortunato per come le cose stiano andando, consapevole del fatto che in Italia, purtroppo, la situazione sia al momento molto più grave”. 

Circostanze analoghe sono quelle descritte da Ilenia Bruseghello, studentessa in Scienze Politiche, che non avrebbe immaginato per la sua esperienza Erasmus un inizio intriso di precarietà: “Non sapevo neppure se sarei potuta partire, visto l’imponderabile andamento della curva dei contagi da Covid-19 in tutta Europa. Una volta avuta effettivamente la certezza di poter restare a Lione per il mio Erasmus, ho tirato un sospiro di sollievo, ma naturalmente ero consapevole del fatto che la mia esperienza all’estero non sarebbe stata comunque al sicuro: l’ombra della seconda ondata di contagi attendeva soltanto il termine dell’estate”. Nonostante ciò, Ilenia ha mostrato determinazione nel proseguire il percorso accademico presso la Grand École francese Sciences Po Lyon, dove quest’anno svolgerà i suoi studi: “le prime due settimane di lezioni online mi hanno permesso di rinfrescare il francese e incontrare molti studenti internazionali, seppur virtualmente. Fortunatamente sono riuscita ad incontrare anche di persona alcuni di loro e, prestando la massima attenzione alle norme anti contagio, ho potuto visitare Lac des Eaux Bleues, un lago poco lontano da Lione, e Pérouges, un’antica città medioevale, anch’essa vicino alla Grande Ville, riuscendo anche ad andare a teatro”. Di fronte alle restrizioni del governo francese, molto proficui si sono rivelati gli incontri tra studenti universitari, favoriti dall’attivissima associazione studentesca di Sciences Po, che si occupa di internazionalizzazione e integrazione. “L’associazione ha fornito e continua tuttora a fornire grandissimo supporto agli studenti stranieri e sta facendo notevoli sforzi per cercare di rendere effettivamente autentico il nostro Erasmus, attraverso incontri organizzati online: nonostante le difficoltà della modalità digitale, non si sono mai persi d’animo”. 

Sempre in Francia, ma questa volta nella Ville Lumière, ad intraprendere la sua esperienza Erasmus è Teresa Cornacchia, che prosegue gli studi in Teatro, Cinema, Danza e Arti Digitali presso l’Université Paris 8. Con uno sguardo realista non può che constatare quanto il contesto emergenziale abbia condizionato ogni aspetto del suo soggiorno e di molti altri studenti. “Quando si sceglie di partire per l’Erasmus, a prescindere dalla destinazione scelta e dal proprio percorso universitario, si ha ben in mente il tipo di esperienza che si andrà a vivere. È un’occasione per mettersi in gioco, per confrontarsi con un sistema universitario molto diverso dal proprio e per integrare la propria cultura con quella del Paese ospitante e di tutti gli altri studenti giunti nello stesso luogo per lo stesso motivo. Questo è vero per la maggior parte dei casi. Ma in questo periodo storico, in cui una pandemia globale ci ha costretto a mettere in pausa tanti aspetti della nostra quotidianità, scegliere di partire per un Erasmus è una decisione quasi sofferta, perché prima ancora di arrivare sai già che tutte le misure di sicurezza renderanno la tua esperienza ben diversa da quella che avevi immaginato”. Rendendosi necessaria la disposizione del secondo confinement francese, ciò che era stato ipotizzato prima della partenza ha avuto seguito: “così il mio Erasmus ha cambiato volto. Innanzitutto, dal punto di vista prettamente didattico, è difficile ora godere appieno di quel metodo di insegnamento seminariale tanto caro ai professori francesi, ormai totalmente appiattito da una webcam e un microfono. Assieme all’aspetto universitario, si è modificato anche quello umano dell’esperienza. Non è più possibile iniziare e coltivare alcun tipo di rapporto che non sia con i propri coinquilini. Tutti gli altri studenti, sia francesi che internazionali, sono ormai distanti e per quanto si condivida la stessa “sofferenza”, le opportunità di dialogo, confronto, conoscenza e banalmente anche di apprendimento di una lingua diversa dalla propria, sono molto limitate”.

A differenza delle esperienze all’estero finora riportate, quella di Mariangela Rosato abbraccia un arco temporale ben più esteso, essendosi trasferita a Parigi prima che la pandemia si abbattesse sulla capitale francese. Studentessa in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, dopo aver trascorso dieci mesi in Erasmus presso l’Università Sorbonne Panthéon, Mariangela ha deciso di continuare il suo soggiorno parigino attivando un progetto di ricerca di tesi all’estero in diritto pubblico presso la Sorbonne Nouvelle- Etudes Européennes. “Oltre alle esperienze puramente accademiche, Parigi mi ha dato la possibilità di svolgere tante altre attività, come uno stage formativo presso un’importante start-up della capitale e varie attività lavorative, che continuo tuttora, nell’ambito della formazione e della scrittura”. Nonostante l’esperienza si sia dimostrata molto arricchente, l’insorgenza di un contesto del tutto insolito e inaspettato ha reso il periodo di “quarantena” molto difficile: “la comunicazione con i vicini di casa si è fatta sempre più critica a causa della paura del contagio. Tuttavia, nonostante le strade vuote e i visi coperti dalle mascherine, durante il primo confinement, si è creata progressivamente una sorta di fratellanza, seppur a distanza. Ad oggi, la paura del contagio dei mesi che hanno preceduto l’estate è ritornata, con la sola eccezione che non si parla più di fratellanza, di condivisione. Ognuno rimane nelle proprie case a sperare che questo momento passi prima o poi e che si possa ritornare a viaggiare come prima, quando Roma e il proprio luogo d’origine sembravano dietro l’angolo”. 

Gli studenti di Villa Nazareth hanno vissuto in una prospettiva decisamente diversa l’Erasmus di Almudena, che ci ha coinvolti tutti nel ruolo di ospitanti: pur essendo un’opportunità altrettanto arricchente, spesso questo aspetto non appare evidente quando si pensa al programma Erasmus. Almudena Maestre Maroto, studentessa madrilena che ha risieduto a Villa Nazareth per la durata di un anno, continuando i suoi studi in Psicologia presso l’Università Europea di Roma (UER), racconta: “l’Erasmus mi ha permesso di scoprire un’altra cultura, con un altro passato, con altri costumi e con delle persone bellissime. È stata tutta una continua scoperta, un mondo completamente nuovo e diverso. Da una parte, ambientarsi all’università, tra gli altri studenti Erasmus, dall’altra Villa Nazareth, che mi ha permesso di poter vivere la mia esperienza a Roma, stando in una comunità. A Villa ho trovato quella che sarebbe diventata la mia grande famiglia italiana e il luogo che avrei chiamato casa. Il Covid-19 però ha cambiato la situazione. Sono stati momenti difficili, ma mi considero fortunata perché ho potuto vivere il lockdown in tranquillità, circondata da amici. Nonostante le difficoltà, l’Erasmus mi ha insegnato molto. Ho potuto guardare oltre i pregiudizi e vedere tante belle persone, ognuna con la sua storia, pronte a darmi una mano nei momenti in cui ho avuto bisogno di aiuto. Questa esperienza mi ha fatta sentire padrona della mia vita, con la libertà ma anche con la responsabilità che questo implica. Adesso mi guardo indietro e continuo ad imparare, a maturare, a scoprire tutto il bello che mi ha portato l’esperienza di un anno fuori sede”.