Quali effetti economici sull’economia italiana ed europea ha avuto e sta avendo l’emergenza sanitaria? È stata questa la domanda da cui è partito il secondo appuntamento del ciclo di incontri “Dialoghi sull’attuale emergenza da Covid-19” che ha avuto come relatore il professore Gustavo Piga, economista e docente universitario di Economia Politica presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Rispetto alle precedenti conferenze sull’emergenza, stavolta si è scelto di mettere al centro l’uomo nella sua interezza, focalizzando l’attenzione sui fabbisogni primari e la capacità di poter utilizzare le risorse pubbliche al fine di mitigare gli effetti dirompenti della povertà. Tra i temi discussi, l’analisi della crisi economica, collegata al debito pubblico e all’impiego delle risorse che lo Stato può e deve utilizzare. Il prof. Piga ha messo a disposizione le sue competenze in materia di global governance, fornendoci un’accurata analisi circa la gestione del debito pubblico e la politica monetaria.

In un’intervista rilasciata al Financial Times, l’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha precisato che siamo di fronte a una guerra e che serve un aumento del debito pubblico per poter contrastare la crisi. Le varie fasce della popolazione, infatti, vedono ridursi in maniera più che proporzionale i mezzi di sostentamento, con un peggioramento delle condizioni di vita dettate da un minor reddito percepito. In questa situazione, ha spiegato il professor Piga, “l’Italia sta pagando i tassi di interesse più elevati sul debito pubblico generato, con un cambio di paradigma da parte delle istituzioni europee”. Inoltre, siamo di fronte ad un problema che non riguarda le risorse previste dalla Comunità europea, ma l’allocazione del denaro pubblico per poter far ripartire l’economia.

Una possibile strada può essere tracciata con la promozione dell’investimento di sviluppo pubblico, in un’ottica di efficientamento energetico, ma anche di un sostegno poderoso alle imprese per i vari obblighi derivanti dall’emergenza sanitaria, come l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e la sanificazione degli ambienti. Tutto questo deve avvenire tramite prestiti a fondo perduto, dove l’allocazione di denaro pubblico non deve passare dagli istituti di credito bensì da una riduzione della burocrazia. Tale intervento potrà dare impulso al nostro settore produttivo, che rischia di non poter sostenerne i costi. Lo Small Business Act (1958), ha ricordato Piga, prevedeva azioni poderose nei confronti di tutte le piccole-medie realtà produttive per far sì che queste non fossero fagocitate dalla crisi e per sostenere le peculiarità locali. Se non si segue questa scia, probabilmente rischieremo di trovarci dinanzi ad una paralisi permanente del sistema produttivo, dove i grandi colossi aziendali avranno una maggior quota di mercato.

Un primo segnale arriva dalla sospensione del Patto di stabilità e crescita. Tuttavia, c’è bisogno di unità non solo nella conduzione della politica monetaria. Occorre anche un piano successivo volto a creare un progetto comune fiscale nell’Unione europea. Oggi siamo in presenza di una crisi che colpisce inevitabilmente tutte le economie, dato che sono così interdipendenti e non autosufficienti nel soddisfare la domanda interna. Siamo di fronte ad una sfida epocale: si deve avviare un potenziamento della spesa pubblica nei confronti delle fasce produttive e dei lavoratori, collegata ad un’integrazione economica, monetaria e anche fiscale per poter agire efficacemente alle avversità degli shock.

La cura del giardino di casa nostra, quindi, necessita di una regolamentazione non tramite il principio della solidarietà ma attraverso un principio unitario: si devono abbandonare vecchi schemi economici di contenimento del debito per poter ridefinire il ruolo dell’Ue, la sua azione di contrasto alla crisi e la partecipazione degli stati in un’ottica di maggiore unità, mettendo da parte le singole controversie.

Francesco Bonacquisto