Il prossimo 4 dicembre saremo chiamati ad approvare o respingere la Riforma della Carta Costituzionale. In vista del voto, nella serata dello scorso 26 novembre, Villa Nazareth ha voluto approfondire il tema della riforma con due ospiti di rilievo: Guido Letta, avvocato cassazionista, già vice segretario della Camera dei Deputati e attualmente professore di Diritto Costituzionale presso la Libera Università Maria Santissima Assunta e Paolo Ridola,preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Roma la Sapienza. Quella proposta dal governo Renzi è una riforma che implica considerevoli cambiamenti nell’apparato delle nostre istituzioni, come il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del titolo V. Il giudizio da esprimere sulla riforma richiede la responsabilità di maturare un voto consapevole e a questo fine hanno partecipato gli interventi dei due relatori.
“Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della costituzione?” – Il testo che ci interrogherà il prossimo mese ha suggerito ad entrambi i relatori una analisi per parti andando ad analizzare le modifiche della nuova riforma in maniera sistematica.
Guido Letta ha ben messo in chiaro che, rispetto al contenuto della riforma, la nostra forma di governo non è soggetta a modifica alcuna. Le vere e molteplici differenze strutturali saranno infatti solo a carico delle due camere con la riprogettazione del nostro sistema legislativo. «Il Senato è fortemente depotenziato. Le leggi saranno approvate dalla Camera e il Senato potrà deliberare proposte di modificazioni del testo cui la sola Camera si pronuncerà in maniera definitiva».
La modifica a carico dell’art. 70 della Costituzione è ampia, come sottolineato dallo stesso Letta, si passerà da una formulazione dell’articolo con 9 parole ad una formulazione che conta ben 439 parole. L’attribuzione dei propri incarichi tra le due camere è sostanziale.
«E’ chiaro che saranno gli scenari politici locali e regionali a dettare gli equilibri all’interno della nuova camera. Il fatto che i 100 senatori non siano eletti direttamente dal popolo al senato è un punto dolente della riforma». E’ quanto ha affermato Letta continuando con l’esprimere le sue perplessità riguardo l’organizzazione dei nuovi senatori rispetto alle loro tante e diverse funzioni nella amministrazione pubblica, nazionale e locale. Il nuovo senato sarà composto infatti da: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale.
«Non è necessario ed è forse anche sbagliato discutere delle materie del Referendum Costituzionale banalizzando e radicalizzandone i suoi contenuti».
E’ quanto ha affermato Paolo Ridola riprendendo le ultime parole dell’invento di Guido Letta. E’ importante non saltare a conclusioni troppo inverosimili ed estreme: la vittoria del “Sì” al Referendum non porterà ad una dittatura esattamente come l’immobilismo non sarà una conseguenza certa della vittoria del “No”.
«Premesso che non possiamo prendere un modello di gestione straniero, già ben strutturato ed utilizzarlo nel nostro Paese, io considero che il modello del Bundersrat austriaco sia quanto di più vicino al modello di Senato proposto in questa riforma».
Gli amministratori locali nelle ulteriori e nuove vesti di senatori avranno importanti responsabilità cui saranno chiamati a far fronte: gestire entrambi i ruoli con la giusta dedizione e professionalità potrebbe non essere facile. Tuttavia il legame con il territorio sarà una caratteristica peculiare di questa nuova camera ed inoltre il nuovo sistema metterà fine ad una anomalia tutta italiana riservando la mozione fiduciaria alla sola camera.
«Ritengo rozzo chi usa la “riduzione dei costi” come argomentazione a favore dell’abolizione di tale istituto. Considerate le esigenze importanti che ne avevano spinto la nascita nel 1957, al giorno d’oggi credo che sia assolutamente incomprensibile il suo ruolo».
E’ quanto ha affermato Ridola riguardo l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro continuando ad esprimere quello che sembrava essere lo stesso giudizio di Letta riguardo proprio questo secondo punto principale esplicitato nel testo del Referendum.
«Esiste forse, in virtù delle modifiche a carico del Titolo V, una certa presunzione di supremazia da parte del Governo, per tramite dello Stato, sulle decisioni regionali e locali».La riforma a carico del Titolo V della costituzione prevede una quasi totale trasformazione della propria struttura ma, come appunto ha sottolineato Letta, va ricordata la possibilità che la riforma garantisce al governo la capacità, se pur limitata, di sostituirsi agli organi regionali. Questa «supremazia» consente allo Stato, su proposta del governo, di intervenire con le proprie leggi in materie di competenze regionali a tutela dell’unità e degli interessi nazionali.
Nel complesso quadro della nostra situazione politica, il voto del Referendum Costituzionale si inserisce pesantemente nella stabilità degli equilibri ma, come è stato chiaro anche nel dibattito intrapreso dalla platea con i due relatori, bisogna essere lungimiranti e liberi da vincoli troppo superficiali. La via giusta per maturare un voto maturo e consapevole è informarsi bene sugli aspetti ridisegnati dalla riforma e valutare con attenzione quali sarebbero le criticità e quali i progressi conseguenti, riuscendo così a prestare la giusta premura che la nostra Costituzione merita di ricevere.
Di Redazione