“Il senso di questo nostro incontro è più che evidente: le elezioni sono ormai alle porte e per questo ci sembrava significativo invitare tre persone che per diversi motivi vivono nel mondo della comunicazione e hanno una spiccata conoscenza dell’Italia. Grazie per aver accettato il nostro invito.”  Con queste parole di Mons. Claudio Celli si è aperto il workshop organizzato il 23 febbraio a Villa Nazareth incentrato sull’appuntamento elettorale del 4 marzo prossimo.

A moderare la conferenza era il dott. Giacomo Guarini, che ha introdotto il panel di ospiti: Massimo Franco, saggista di fama internazionale attualmente inviato politico del Corriere della Sera; Gianfranco Brunelli, politologo e direttore della rivista Il Regno; Marco Tarquinio, esperto di politica internazionale e attuale diretto de L’Avvenire.

LItalia deve riscoprire lEuropa.

Massimo Franco in apertura rileva un dato positivo: mentre sette anni fa sembrava che in Italia non esistessero più partiti europeisti, i toni della campagna elettorale oggi sono cambiati. Il M5S ha archiviato la narrativa del referendum sulla moneta unica, Berlusconi ha messo in soffitta l’ipotesi della doppia moneta e anche Renzi ha ammorbidito la retorica contro la burocrazia di Bruxelles. Atteggiamento inevitabile, poiché “dobbiamo riconoscere che l’Europa è un prolungamento della politica interna” precisa Franco, che tuttavia si dice deluso della mancanza di serietà dimostrata dalle forze politiche in campo. “Questa tendenza a fare proposte esorbitanti e il vizio di non dire la verità sui conti pubblici italiani, ci fanno dimenticare che l’adesione all’Unione Europea comporta un prezzo. L’Ue non sarà più amichevole con l’Italia dal punto di vista finanziario.” Tra due anni ci saranno le elezioni europee e infatti sia Francia che Germania hanno voglia di riplasmare l’Ue in base ai propri interessi nazionali. “L’Italia – continua Franco – dovrà far capire che non siamo gli unici malati d’Europa: Il rischio sarebbe quello di essere il capro espiatorio del club a 27. Dobbiamo garantire ma anche pretendere segnali di responsabilità dall’Europa: in materia di gestione dell’immigrazione innanzitutto.”

Fase politica chiusa già il 4 dicembre scorso.

Sul fronte interno, Franco ricorda che l’Università di Dublino ha rilevato in Italia e Gran Bretagna una crescente nostalgia per il passato ed emergenti tendenze conservatrici. Non stupisce quindi l’avanzare della coalizione di centrodestra, anche con sfumature xenofobe, frutto in parte del modello gestionale dell’ immigrazione. Secondo i sondaggi sono in vantaggio tutte le forze che si schierarono per il fronte del “No“ al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: la sinistra ha effettuato una rimozione della sconfitta, senza analizzare le cause del risultato schiacciante.

La metamorfosi dei Cinque Stelle

La sensazione per l’inviato del Corriere è che dalle urne non risulterà una solida maggioranza di governo. “Si torna ai tempi della prima repubblica dove la nomina del presidente del consiglio non ricadeva sui leader di partito o di coalizione ma una frutto di mediazione. Con una novità rispetto al 2013: mentre allora il M5S si auto escluse da qualunque maggioranza, oggi ci vuole entrare quasi a tutti i costi.  Il Capo dello Stato dovrà decidere quindi se sarà opportuno includere questo il pezzo di Italia guidato da Di Maio”, oppure procedere continuando a relegare il movimento al ruolo di opposizione e di anti establishment.

La necessità di nuove istituzioni

Gianfranco Brunelli entra nel merito della nuova legge elettorale, che favorisce lo stallo. Vi sono in atto tre competizioni: quella tra coalizioni, già persa dal centro sinistra; quella tra partiti: già vinta dal M5S e infine quella tra gruppi parlamentare, per cui si batte Renzi.

Grandi assenti tra i temi della campagna elettorale sono le riforme istituzionali, secondo Brunelli.  “Il nostro paese ha bisogno di nuove istituzioni. Nel 2019 alla BCE Mario Draghi terminerà il proprio mandato di Presidente, e all’Italia serve un impianto istituzionale che assicuri stabilità”. Il direttore de “Il Regno” conclude sostenendo che “all’Italia sarà dato un qualche governo. La prima repubblica ci ha abituato alle formule più fantasiose”.

Nessuno parla del debito

Per Marco Tarquinio il ritorno delle ideologie in questa campagna elettorale è un rischio grave in particolare per i giovani: il fascismo non è più compreso per quello che è. Non ci si sofferma più sui contenuti, nessuno parla ad esempio di cosa fare del debito che grava su di noi. Qualcosa come 50mila euro pro capite che impediscono gli investimenti necessari alla crescita del paese.

I cattolici e la politica

Il direttore dell’Avvenire si concentra inoltre sul rapporto tra i cittadini cattolici e la politica : oggi meno del 10% dei cattolici guarda con interesse alla politica: una “polverizzazione” che mortifica il direttore, ma al tempo stesso fiducioso verso un nuovo scenario costituente che potrebbe aprirsi dopo il voto. L’impianto elettorale di tipo neoproporzionalista lo consentirebbe e perciò Tarquinio auspica che. i cattolici abbiano il coraggio che non avuto prima, quando non sono stati capaci di stare insieme.